Quando non c’è più niente da fare, c’è ancora tanto da fare

Le Cure Palliative non sono la rinuncia alla medicina ma una dimensione fondamentale e costitutiva del curare. Cosa si intende per curare? Restituire la salute quando si può ma accompagnare sempre, fino alla fine, dal momento che anche nell’ultima parte della vita c’è sempre tanto da fare.


Nel nostro lavoro “curare” non significa solo lenire il dolore, alleviare i sintomi e la sofferenza fisica ma anche, e soprattutto, conoscere la persona, starle vicino, capirne i bisogni, dare importanza ai suoi legami, alle sue relazioni più care.

Per noi il tempo dell’ascolto, dell’accompagnamento, della presenza è tempo di cura. E, quindi, stare vicino, a volte semplicemente “stare”, anche in silenzio, può fare la differenza… E cambiare la qualità della vita nel tempo che resta.


Con le parole del bioeticista Sandro Spinsanti, coordinatore del nostro Comitato Scientifico:

«Il grande problema è immaginare una medicina a due tempi, in cui prima si fa tutto e poi non c’è più niente da fare… Una rivalutazione delle Cure Palliative è, invece, fondamentale perché se noi utilizziamo lo schema “non c’è più niente da fare, chiamate il palliativista” siamo fregati. In Italia il termine palliativo equivale ad inefficace: c’è la medicina “che risolve” e poi c’è il “palliativo”. Ma questa è una caricatura della palliazione, un fallimento. Tant’è vero che la FILE ha proprio cercato di opporsi anche dal punto linguistico all’accezione negativa insita in questo concetto, evocando la “Leniterapia” invece della terapia palliativa».

La palliazione
auspicabile

Secondo il bioeticista Sandro Spinsanti, l’approccio palliativo dovrebbe essere proprio di ogni professionista curante ed essere “simultaneamente” presente lungo il percorso di cura.

Condividi

Chi siamo

Qualità della vita, Sempre.

Claudia

Psicologa

Iacopo

Psicologo

Andrea

Fisioterapista

Selenia

Infermiera

Francesca

Psicologa

Mila

Oss