Il tempo sospeso

Il Covid-19 ci ha insegnato quanto la nostra vita sia limitata, quanto siamo talvolta impotenti, quanti limiti abbia anche la scienza, alla quale avevamo assegnato il ruolo di darci le nostre sicurezze… Il Covid-19 ci ha insegnato quanto sia difficile vivere in un “tempo sospeso”.


Questi temi sono l’oggetto di una bella riflessione sulla vita e sui suoi limiti a cura di Donatella Carmi, Presidente di FILE, che riportiamo di seguito.


«La scorsa primavera abbiamo vissuto tre mesi di “reclusione” nelle nostre case, remissivi ed obbedienti, facendo appello al senso di responsabilità che abbiamo nei confronti di noi stessi e degli altri, per limitare il contagio e la conseguente paura di morire.

Abbiamo evitato contatti, ci siamo disinfettati, abbiamo usato guanti e mascherine, ci siamo continuamente lavati le mani, ben sapendo che il virus era dietro la porta e che anche tutta questa prevenzione, forse , non sarebbe bastata per salvarci.

È stato un “tempo  sospeso”, un tempo di attesa: ne usciremo indenni o rischieremo di morire? Oppure provocheremo involontariamente la malattia e la morte di chi amiamo?
Io, questo “tempo sospeso”, lo conosco bene: io, malata di un cancro che ha avuto la sua recidiva proprio quando il tempo non mi pareva più così sospeso e la speranza di una completa guarigione mi pareva essere diventata realtà. Invece non è stato così (ed è forse questa la condizione di tutti gli umani in questo alternarsi tra illusione e delusione), il “tempo sospeso” è tornato a vivere sempre di più in me, cadenzato da continui appuntamenti, analisi, cambiamenti di terapie, dal continuo stress dovuto alle risposte attese, quelle che ogni volta, dal momento in cui sono diventata una malata cronica, segnano l’affievolirsi della speranza e l’assottigliarsi della mia aspettativa di vita.

Ancora oggi, se dovessi definire quelle che sono le categorie che mi sono prioritarie in questa fase della mia vita ne individuerei due: il tempo e la qualità.

E non tanto la lunghezza del tempo che mi resta e che ho di fronte, ma se questo tempo, al momento che diverrà davvero breve, mi potrà concedere quella qualità della vita che a me è necessaria per vivere.
Un “tempo sospeso” nell’ignoto, di fronte al mistero del nostro nascere e del nostro morire, nel quale va cercato e trovato il senso del nostro fare o forse solo del nostro esserci.

E per sopravvivere all’incertezza, allo smarrimento, allo spauramento che si prova sempre di fronte a ciò che non conosciamo, credo si debba cominciare un percorso (che ritengo vada iniziato quando ancora il tempo ci dà l’illusione delle certezze) per conoscere noi stessi, cosa vogliamo, per cosa ognuno è nato e quale importanza abbiano le relazioni con gli altri nelle nostre vite. È un percorso che non può interrompersi, di una continua sintesi, in cui si tagliano tutti i rami secchi e rimane solo l’essenziale, unica possibilità di avere almeno quelle certezze sulle quali costruire la nostra vita e che possono accompagnarci fino alla fine.

La qualità della nostra vita è data anche dal tempo vissuto, dal tempo che abbiamo riempito ed apprezzato per renderlo meno sospeso e più pesante, tale da renderci capaci di  rapportarci con la realtà degli altri, coloro che non vivono tali situazioni di limite e dai quali spesso ci sentiamo così diversi e spesso lontani.

Talvolta il dolore e la paura ci portano a vivere come racchiusi in una bolla che non ci permette di relazionarci: il nostro sforzo allora sarà di bucare questa bolla e di poterci così permettere di condividere con chi vogliamo i nostri percorsi, i nostri pensieri, le nostre paure. Sì, proprio paure, perché nel “tempo sospeso” tra la vita piena ed il futuro totalmente incerto si prova paura: resta solo il presente da vivere, quello del “qui ed ora”, che può essere anche malinconico, se si pensa ad emozioni ed affetti intensi che forse non potremo più vivere… Ma se riusciremo a superare questa malinconia, nello stesso tempo potremmo essere compensati dalla sola gioia di viverli e di apprezzare le cose più semplici, quelle che tutti possono cogliere, come il risvegliarsi in una giornata di sole, godersi un buon libro o – cosa che sto vivendo proprio ora mentre scrivo – avere il mio cane accanto che ha bisogno di carezze ed io di calore, cose che rendono certe quelle realtà che rendono felici.

Se, anche con grande sforzo, riusciamo a vivere nel presente, con le sicurezze che abbiamo cercato e trovato del nostro passato e delle nostre radici (ognuno ha le proprie), questo “tempo sospeso” può diventare anche attesa, un’attesa che ci interroga su ciò che saremo capaci di affrontare e sul come.

Allora, per me, questa sospensione diventa la certezza della mia volontà di testimoniare l’amore che voglio lasciare, quello che ha accompagnato tutta la mia vita nel tentativo, talvolta non riuscito, di ascoltare, comprendere e sostenere chi, come me, è inchiodato nel “tempo sospeso”, nella speranza che possa viverlo come una parte naturale della vita… E, non è detto la peggiore: se di riesce a rimanere fedeli a noi stessi, ai nostri ideali, ai nostri affetti, a tutto ciò che ha dato significato alle nostre vite e che non potrà essere cancellato anche nelle vite di chi verrà dopo di noi».

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