G.i.r.o.t. era stato previsto nell’ambito della pandemia per poter rispondere all’esigenza dei pazienti di essere seguiti a casa, pazienti che non avevano le caratteristiche per poter rientrare in una presa in carico a livello ospedaliero. Passata la pandemia, è continuata questa “proiezione dell’ospedale all’esterno dell’ospedale”.
In pratica, G.i.r.o.t. segue a casa persone malate, molto anziane, che possono avere riacutizzazioni di patologie croniche, cercando di evitarne l’ospedalizzazione incongrua.
Essendo una “proiezione dell’ospedale”, G.i.r.o.t. fornisce sia visite da parte di specialisti sia approfondimenti clinici come esami, elettrocardiografici, etc. sia farmaci e presidi sanitari. E il tutto a casa del paziente.
I professionisti coinvolti sono molteplici: geriatri, medici internisti, infermieri, fisioterapisti, nutrizionisti, psicologi, medici palliativisti. Queste équipe multi-composite lavorano sinergicamente, ogni professionista viene attivato a seconda del bisogno: ad esempio, il fisioterapista viene chiamato se c’è bisogno di manipolazioni di tipo fisico.
Il servizio può essere attivato dall’Agenzia di Continuità Ospedale-Territorio oppure dal medico di famiglia o dall’ospedale.
Partiamo dalla giornata tipo: ci ritroviamo la mattina per un briefing in cui vengono presentati i pazienti per i quali è stata richiesta l’attivazione della presa in carico. All’interno di questo briefing, sono presenti il direttore sanitario dell’équipe, il dottor Benvenuti, geriatri, internisti, nonché il sottoscritto e l’infermiera di FILE, la dottoressa Selenia Greco, in qualità di palliativisti dedicati alle Cure Palliative all’interno di G.i.r.o.t.
Segue la gestione della presa in carico, vale a dire cosa si decide di fare: se il paziente viene visitato solo dal geriatra o dall’internista o se dobbiamo fare una visita congiunta (geriatra-palliativista) a causa della sintomatologia che presenta. Le visite vengono svolte nell’arco della giornata e, al ritorno, abbiamo il de-briefing per decidere se i pazienti visitati, ad esempio, dal geriatra e dell’infermiere, devono essere affidati congiuntamente o esclusivamente alle Cure Palliative. O se c’è bisogno di un intervento da parte della psicologa, del fisioterapista o del nutrizionista.
Certamente. G.i.r.o.t. lavora in sinergia con il Servizio Specialistico di Cure Palliative di FILE. Però riusciamo anche a gestire in autonomia molti pazienti alla fine della vita… Dipende dal carico di lavoro che abbiamo.
Più o meno il 25%. E i pazienti che vengono segnalati come “pazienti gravi” sono poi seguiti congiuntamente da me e dai colleghi palliativisti di FILE 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in reperibilità congiunta.
Inizialmente, i palliativisti di FILE non facevano parte delle équipe di G.i.r.o.t., però vi collaboravano in stretto rapporto, soprattutto in piena pandemia.
In quel periodo, io lavoravo all’interno degli Ospedali di Santa Maria Nuova e al Serristori, nell’ambito del progetto “FILE in Ospedale”, e con le équipe di G.i.r.o.t. capitava di collaborare a stretto contatto per la gestione dei pazienti in fine vita affetti da Covid-19.
Ci siamo fatti conoscere attraverso le varie consulenze che venivano fatte nei reparti di gestione del Covid-19. E, da lì, è nata l’esigenza di integrare il supporto del palliativista direttamente all’interno delle équipe di G.i.r.o.t.
Se uno dovesse fare un identikit, il paziente G.i.r.o.t. è un grande anziano con più patologie croniche ad andamento infausto, gravato da scompensi d’organo di tipo cardiaco, epatico, renale, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), danni multiorgano da anzianità, per dirne alcune.
Si tratta di un paziente per il quale c’è da ritagliare su misura uno specifico percorso di assistenza in cui, di solito, il palliativista ha un ruolo di grande importanza, di cogestione e scambio continuo con il geriatra e con gli altri professionisti sanitari.
L’équipe G.i.r.o.t. prende in carico totalmente il paziente e, giornalmente, c’è una ricalibrazione delle terapie per la gestione dei sintomi. In caso di riacutizzazione della malattia, però, si evita di farlo andare in ospedale: se la persona ha un episodio particolarmente gravoso, interviene il professionista a casa sua.
Sempre in merito all’identikit del paziente G.i.r.o.t., però dal punto di vista sociale e non clinico, talvolta si ha a che fare con persone sole, che vivono in un contesto sociale debole, talvolta invece possono avere una famiglia molto valida dietro. È un mondo molto variegato.
Qualche tempo fa, abbiamo preso in carico una paziente cardiopatica, con un tumore al mediastino, e, come unica famiglia, una figlia affetta da ritardo mentale, discretamente autonoma ma incapace di gestire un’assistenza domiciliare a fine vita. L’abbiamo seguita come G.i.r.o.t. per otto mesi. Tante erano le problematiche, considerata la patologia di base: inizialmente i disturbi erano di interesse perlopiù cardiovascolare, aumentando e differenziandosi con la progressione della malattia neoplastica. La volontà della signora era di rimanere in famiglia e abbiamo cercato di poterla assistere adeguatamente a casa il più a lungo possibile. Poi, quando la gestione è diventata troppo difficile da sostenere, soprattutto per la figlia, la signora è stata trasferita in Hospice. Questo è un caso specifico. Però, ci sono persone malate e famiglie che riescono ad affrontare abbastanza tranquillamente a domicilio il percorso di assistenza per il fine vita.
Di anziani soli con comorbidità ce ne sono tanti, purtroppo, e l’assistenza sociale ci fornisce un grande aiuto in questi casi, trovando strutture lungo-degenziali che possano accoglierli, come le residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.), oppure attivando operatori socio-sanitari ed infermieri per assisterli a casa. Anche in queste situazioni difficili, si riesce a creare una rete valida.
Oppure, casi di grandi anziani che non possono essere gestiti dai figli (perché grandi anziani, a loro volta): tempo fa, abbiamo preso in carico una signora di 108 anni, il cui figlio ne aveva 80. E, contare sul supporto nell’assistenza domiciliare da parte di una persona di 80 anni è sempre difficoltoso. Ci sono i nipoti, talvolta, però non è sempre detto che siano presenti.
Molto bassa. Nel 2022, di 223 pazienti ne sono tornati al pronto soccorso solo 6. Un bel risultato.
Molto variabile. La terminalità di una demenza si esaurisce anche in anni. Può, però, capitare di seguire pazienti anche per un anno, magari non in maniera continuativa, per i quali ci ripresentiamo in caso di riacutizzazione della malattia.
«La terminalità è una condizione clinica derivante da una malattia grave: non si misura in settimane, anzi può durare anni. Anche per questo motivo, soprattutto per i malati molto anziani, le cure domiciliari sono da prediligere, quando possibile».
Il collegamento con il medico curante è fondamentale per capire quando intervenire. Il medico curante medio riconosce il valore di G.i.r.o.t. perché è un servizio che garantisce una continuità assistenziale. Nessun medico di base si è mai rifiutato di attivare l’assistenza con G.i.r.o.t. né di inserire un paziente in un percorso di tipo palliativo dopo aver concluso il percorso con G.i.r.o.t.
Ci sono giorni in cui il carico di visite (e di prime visite) è numericamente importante, ma non non sono collegate a circostanze particolari. I carichi sono variabili. Al massimo, c’è da aspettarsi un peggioramento delle condizioni nei pazienti cardiopatici con l’arrivo del caldo.
Almeno una prima visita al giorno, comunque, l’abbiamo sempre.
Per quanto invece riguarda il tasso di mortalità, si riscontrano circa 2-3 decessi alla settimana. Ma stiamo parlando di grandi anziani con tante problematiche.
Dipende dai casi. Mi viene in mente una paziente di 90 anni con un tumore al seno in stadio terminale ed un’aspettativa di vita limitata, di 1-2 settimane. Durante le visite, il marito costantemente mi diceva:
«Vede dottore, si deve fidare di quello che le si dice noi. Perché non La vedo così male. Lei non mi voleva far arrivare alle nozze d’oro ma, invece, piano piano, ci sta arrivando. Si fidi, dottore».
Effettivamente, dopo 3 mesi, la signora era ancora in vita.
Quindi, si tratta di pazienti con patologie diverse, ma che non sono i “pazienti tipo” seguiti dall’Oncologia o dalle Cure Palliative: possono avere delle riprese improvvise e possono durare mesi. Sta a noi professionisti sanitari adeguarsi alla nuova situazione, aguzzare l’ingegno e adattare il percorso di assistenza al modificato scenario.
Una volta che si è imboccata una strada, bisogna anche essere pronti a poterla percorrere in senso inverso.
Come tutti i servizi di cure simultanee, la richiesta è di essere elastici, di non avere un “paraocchi”. Perché, come ho detto prima, il percorso non è unilaterale: possono esserci delle variazioni nell’assistenza e, quindi, può essere necessario rivedere terapie, impostazioni di cura, piani assistenziali.
Essendo abituato ad assistere perlopiù pazienti oncologici, all’inizio è stato un po’ spiazzante: con loro, il percorso, purtroppo, è più lineare.
Con i pazienti G.i.r.o.t., il lavoro è più faticoso ma molto stimolante.
L’altro operatore G.i.r.o.t. di FILE, che ha iniziato un anno e mezzo fa assieme a me, l’infermiera Selenia Greco, è una figura importantissima. Si occupa di gestire le telefonate di assistenza e quelle organizzative, fa uno screening dei pazienti, oltre al lavoro di gestione infermieristica vera e propria delle persone assistite.
Mi piace lavorare con lei perché è una persona flessibile, con un’autonomia molto elevata e ottime capacità decisionali. Selenia lavora per obiettivi e non per mansioni. Rappresenta un sostegno molto valido: controlla il paziente, in generale, e riesce a fornirne una “fotografia” precisa che aiuta molto nella gestione, anche di tipo farmacologico.
E poi c’è la psicologa Erika Khiari, da poco inserita nel progetto G.i.r.o.t., che si è già dimostrata un valido supporto nell’accompagnamento del paziente e della sua famiglia lungo il percorso di assistenza.
Come dicevo prima, ci sono anche altri professionisti nell’équipe G.i.r.o.t., perlopiù professionisti della AUSL Toscana Centro: geriatri, medici internisti, fisioterapisti, nutrizionisti, assistenti sociali, e via dicendo.
E poi, l’équipe con cui lavoro è un vulcano! Questi professionisti sono tutte persone molto attive e proattive, senza mai sfociare nell’accanimento. Che poi è proprio ciò che chiede lo stesso direttore sanitario dell’équipe G.i.r.o.t., il dottor Benvenuti. E anche quando giornalmente ci incontriamo per rivalutare le terapie, si vede proprio questa impostazione.