L’etimologia del termine “palliativo” ha la sua radice nel sostantivo latino pallium che significa “mantello”, ovvero protezione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le Cure Palliative sono “un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale“.
In Italia, le Cure Palliative sono state definite per la prima volta con l’articolo 2 (comma 1, lettera a) della legge n.38 del 2010 come “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici“.
Secondo il Ministero della Salute, le Cure Palliative “rappresentano quell’insieme di cure, non solo farmacologiche, finalizzate a migliorare il più possibile la qualità della vita sia del malato in fase terminale che della sua famiglia“. Per fase terminale, viene intesa una condizione irreversibile, in cui la malattia non risponde più alle terapie che hanno come scopo la guarigione del paziente, il quale perde gradualmente autonomia. In una situazione del genere, assume importanza primaria il controllo del dolore, dei problemi psicologici, sociali e spirituali.
Lo scopo delle Cure Palliative non è, dunque, quello di accelerare o ritardare la morte del paziente ma di preservare la miglior qualità di vita possibile, fino al termine della stessa.